Reati tributari: la “nuova” causa di non punibilità introdotta dal d.l. 30 marzo 2023, n. 34

Reati tributari: la “nuova” causa di non punibilità introdotta dal d.l. 30 marzo 2023, n. 34

  • Fabio Cagnola

1.Le fattispecie di reato coperte dalla causa di non punibilità. – L’art. 23 d.l. 30 marzo 2023, n. 34 ha introdotto una causa speciale di non punibilità per le fattispecie previste dagli artt. 10-bis, 10-ter e 10-quater, comma 1, D.Lgs. 74/2000[1].
Preme, pertanto, sin da subito evidenziare come tale disposizione non abbia una portata completamente innovativa del sistema penal-tributario, il quale, all’art. 13, comma 1, D.Lgs. 74/2000, prevedeva già (e prevede tutt’ora) una causa di non punibilità per le medesime fattispecie di reato[2]. In particolare, si tratta dei reati connotati da minor disvalore tra quelli puniti dal D.Lgs. 74/2000, ossia le fattispecie di omesso versamento e indebita compensazione di crediti non spettanti[3].
La novella causa speciale di non punibilità non copre invece le fattispecie dichiarative di cui al Capo I del Titolo II del D.Lgs. 74/2000, né le fattispecie punite più severamente dal Capo II, quali i reati di emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti (art. 8),occultamento o distruzione di documenti contabili (art. 10),indebita compensazione di crediti inesistenti (art. 10-quater, comma 2) e sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte (art. 11).
Nel presente commento si procederà pertanto ad analizzare la “nuova” causa di non punibilità, delineandone la portata applicativa e segnalando le principali differenze con la disciplina generale prevista dall’art. 13 D.Lgs. 74/2000.

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2. Le procedure tributarie dalla cui definizione discende l’applicazione della causa di non punibilità. – In primo luogo, preme sottolineare come la causa speciale di non punibilità operi esclusivamente a condizione che “le relative violazioni sono correttamente definite e le somme dovute sono versate integralmente dal contribuente secondo le modalità e nei termini previsti dall'articolo 1, commi da 153 a 158 e da 166 a 252, della legge 29 dicembre 2022, n. 197”.

In altre parole, il legislatore collega il beneficio della non punibilità alla corretta definizione delle violazioni tributarie mediante il ricorso ad una delle procedure previste dalla legge di bilancio (l. n. 197 del 2023),ai commi da 153 a 158 e da 166 a 252 dell’art. 1.

Si tratta di numerose procedure volte a prevenire le liti e la definizione di vertenze tra il Fisco e contribuente che, considerate complessivamente (la speciale causa di non punibilità richiama infatti la totalità delle stesse),permettono al contribuente inadempiente di estinguere il debito tributario e beneficiare della causa di non punibilità in ogni fase del procedimento tributario (sui limiti temporali connessi al procedimento penale si dirà più avanti).

Invero, si vuole sin da subito sottolineare come la tecnica normativa utilizzata per la scrittura della disposizione in esame possa prestare il fianco ad alcune criticità. Nello specifico, considerato che la norma in esame consta di un richiamo ad una serie di ulteriori disposizioni mediante il rinvio a svariati commi dell’art. 1 l. n. 197/2022, attenta dottrina ha sin da subito censurato la tecnica normativa utilizzata dal legislatore, evidenziando la sussistenza del rischio di violazione del c.d. principio di precisione, corollario del principio di legalità, volto ad imporre al legislatore la formulazione di precetti intellegibili, scritti in maniera precisa e completa[4]. Ad ulteriore sostegno di tale censura preme evidenziare come il legislatore, nell’operare un rinvio alle procedure previste dalla legge di bilancio, abbia richiamato anche delle procedure che si ritiene non possano avere neppure in astratto alcuna rilevanza ai fini dell’applicazione della causa di non punibilità, in quanto non direttamente collegate alla potenziale commissione dei reati di omesso versamento e indebita compensazione. In particolare, il riferimento va alla procedura di regolarizzazione di irregolarità formali, prevista dai commi 166-173, la quale consente di sanare le irregolarità, le infrazioni e le inosservanze di obblighi o adempimenti non rilevanti né sulla determinazione della base imponibile delle imposte dirette, dell’IVA, dell’IRAP, né sul pagamento di tali tributi.

Ciò detto, preme evidenziare come il complesso rinvio alle varie disposizioni della legge di bilancio porti comunque ad un risultato del tutto analogo a quello previsto dall’art. 13, comma 1, il quale subordina il beneficio della non punibilità all’estinzione del debito tributario “anche a seguito delle speciali procedure conciliative e di adesione all’accertamento previste dalle norme tributarie, nonché del ravvedimento operoso”[5]. Il generico richiamo operato dall’art. 13 alle procedure conciliative e di adesione previste dalle norme tributarie[6] fa ragionevolmente ritenere che anche le nuove procedure previste dalla legge di bilancio possano esservi sussunte. Si ritiene, pertanto, che – anche sul piano delle procedure tributarie esperibiliper estinguere il debito tributario al fine di beneficiare di una causa di non punibilità – vi sia sostanziale allineamento tra la causa speciale e quella “ordinaria” di non punibilità di cui all’art. 13.

In relazione al rapporto tra la speciale causa di non punibilità e quella “generale” prevista dall’art. 13 D.Lgs. 74/2000, preme infine evidenziare come la prima non vada a sostituirsi alla seconda, integrandosi in via definitiva al sistema penal-tributario disciplinato dal D.Lgs. 74/2000[7], bensì sia destinata ad operare – questa volta sì in sostituzione dell’art. 13 – per un lasso di tempo limitato coincidente con il termine tributario previsto dalla legge di bilancio per poter usufruire di una delle speciali procedure di conciliazione[8].

Data tale premessa, si ritiene utile descrivere brevemente le varie procedure previste dalla legge di bilancio e richiamate dall’art. 23 d.l. 30 marzo 2023, n. 34.

Come anticipato, l’art. 23 richiama anzitutto i commi da 153 a 158, i quali disciplinano la definizione agevolata delle somme dovute a seguito di controllo automatizzato delle dichiarazioni. Si tratta, dunque, della possibilità di definire gli atti emessi a seguito di “avviso bonario” ai sensi dell’art. 36-bis del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 e dell’art. 54-bis D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 e relativi alle dichiarazioni per i periodi d’imposta 2019, 2020, 2021, per i quali il termine di pagamento non sia ancora scaduto al 1° gennaio 2023. La procedura permette inoltre di definire anche gli avvisi bonari in corso di rateazione al 1° gennaio 2023.

Ulteriore procedura richiamata dall’art. 23 è il ravvedimento speciale delle violazioni tributarie di cui ai commi da 174 a 178, la quale – alternativa all’ordinaria disciplina del ravvedimento operoso – permette di regolarizzare violazioni sostanziali connessi a dichiarazioni validamente presentate e relative ai periodi di imposta 2021 e precedenti[9].

È poi possibile beneficiare della causa di non punibilità se si è correttamente definita la propria posizione mediante la definizione agevolata degli atti del procedimento di accertamento (commi da 179 a 185),la quale disciplina la definizione delle controversie in caso di accertamenti con adesione relativi a processi verbali di constatazione e inviti a comparire notificati sino al 31 marzo 2023 nonché gli avvisi di accertamento, atti rettifica e liquidazione e atti di recupero non impugnati e ancora impugnabili al 1° gennaio 2023 o notificati entro il 31 marzo 2023[10].

I commi da 186 a 205 disciplinano la definizione delle liti pendenti. Si tratta di disposizioni di carattere generale che permettono di definire tutte le controversie attribuite alla giurisdizione tributaria (ad eccezione dei giudizi riguardanti le risorse tradizionali dell’Unione Europea e le somme dovute a titolo di recupero di aiuti di Stato) pendenti in ogni stato e grado del giudizio.

Ulteriori procedure rilevanti sono la conciliazione giudiziale agevolata (commi 206-212) – la quale riguarda le controversie tributarie aventi ad oggetto gli atti impositivi dell’Agenzia delle Entrate, pendenti in primo e secondo grado di giudizio il 1° gennaio 2023 – nonché la rinuncia agevolata in Cassazione (commi 213-218) – riguardante le controversie, relative ad atti impositivi, pendenti in Cassazione al 1° gennaio 2023.

I commi 219-221 prevedono, invece, la regolarizzazione degli omessi pagamenti per le rate da istituti deflattivi del contenzioso, ossia la possibilità di estinguere il debito tributario qualora si sia omesso di versare le rate dovute al Fisco a seguito di accertamento con adesione o di acquiescenza agli avvisi di accertamento.

Infine, la causa di non punibilità viene ancorata anche all’estinzione del debito nella fase della riscossione mediante la procedura di rottamazione dei ruoli (commi 231-252),ossia il pagamento dei carichi affidati agli agenti della riscossione dal 1° gennaio 2000 al 30 giugno 2022, nonché a seguito dello stralcio dei ruoli sino a 1.000 euro, risultanti dai singoli carichi affidati agli agenti della riscossione dal 1° gennaio 2000 al 31 dicembre 2015 (commi 222-230). In merito a quest’ultima disciplina, preme evidenziare la singolarità della scelta del legislatore di far discendere la non punibilità da un fatto non direttamente riconducibile alla volontà del debitore, ossia l’annullamento automatico dei debiti tributari inferiori a 1.000 euro.
Dopo aver richiamato rapidamente le varie procedure previste dalla legge di bilancio, è possibile concludere che, sebbene l’art. 23 ancori la speciale causa di non punibilità al perfezionamento di tali specifiche procedure, la portata della causa di non punibilità è comunque decisamente ampia, tanto da poter ricomprendere potenzialmente tutti i periodi di imposta e ogni fase del contenzioso tributario e della riscossione.

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3. Il limite temporale del processo penale. – Una prima differenza significativa tra la causa speciale di non punibilità e quella di carattere generale prevista dall’art. 13 D.Lgs. 74/2000 concerne il limite temporale entro il quale deve essere estinto il debito tributario per poter beneficiare della causa di non punibilità.

L’art. 13 D.Lgs. 74/2000 prevede infatti che la causa di non punibilità operi se il debito è estinto mediante integrale pagamento di imposte, interessi e sanzioni prima della dichiarazione di apertura del dibattimento.
La causa speciale di non punibilità fissa, invece, come termine ultimo quello della sentenza pronunciata in grado di appello.

Se con riferimento all’art. 13, la scelta di ancorare il beneficio della non punibilità all’estinzione del debito tributario prima della dichiarazione di apertura del dibattimento può trovare una piena giustificazione nell’esigenza di deflazione del processo penale, permettendo infatti di evitare che il processo abbia inizio, la medesima valutazione non pare altrettanto giustificabile con riferimento al termine della sentenza di appello, momento in cui il processo penale ha oramai visto concludersi le sue fasi e gradi più dispendiosi. Se l’intenzione del legislatore è, invece, quella di incentivare la definizione di tutte le vertenze tributarie, rinunciando a sanzionare penalmente le condotte delittuose di cui agli art. 10-bis, 10-ter e 10-quater, comma 1, D.Lgs. 74/2000, sarebbe forse stato più ragionevole non prevedere alcun termine (se non quello ultimo del passaggio in giudicato della sentenza).

Dall’altro lato, pare altresì discutibile la scelta di permettere all’imputato di rimandare – sebbene nei limiti temporali previsti dalle procedure fiscali – la decisione circa l’estinzione del debito tributario sino alla conclusione del giudizio di appello, attribuendo allo stesso la facoltà di ancorare la propria decisione a ragioni di mera opportunità, legate ad esempio all’andamento del giudizio di appello e alla prognosi di una eventuale conferma della condanna.

Inoltre, l’individuazione della pronuncia della sentenza in appello quale termine ultimo per beneficiare della causa di non punibilità di cui trattasi (in luogo della dichiarazione di apertura del dibattimento, previsto come termine dall’art. 13 D.Lgs. 74/2000) fa sorgere un ulteriore profilo di criticità in relazione all’art. 3 della Costituzione. Difatti, tale disallineamento potrebbe comportare un’evidente ingiustificata disparità di trattamento tra gli imputati che estingueranno il debito secondo le procedure speciali prima della sentenza di appello, beneficiando così della nuova causa di non punibilità, e coloro che, invece, avendo già estinto il debito tributario prima dell’entrata in vigore della legge di bilancio e successivamente alla dichiarazione di apertura del dibattimento, secondo gli ordinari strumenti di definizione delle controversie fiscali, non potranno beneficiare né della nuova causa di non punibilità né di quella ordinaria prevista dall’art. 13 D.lgs. 74/2000[11]. Sul punto, si vedrebbe, pertanto, con favore uno specifico intervento del legislatore che introduca la speciale causa di non punibilità anche per gli imputati che abbiano già estinto il debito tributario. Diversamente, nella misura in cui la causa speciale di non punibilità venga ritenuta tale in senso stretto e caratterizzata da eccezionalità (in quanto introdotta per ragioni di opportunità politica),sorgerebbe un ostacolo alla possibilità di estenderne l’applicazione per analogia[12]. Una possibile soluzione ermeneutica, costituzionalmente orientata, per legittimare l’estensione analogica della disposizione agli imputati che abbiano già estinto il debito tributario, è quella di affermare la natura generale (e non eccezionale) della causa di non punibilità, proprio sul presupposto che il sistema penal-tributario prevede già istituti premiali per coloro che estinguono il debito tributario e, in particolare, una specifica esimente dei reati di cui agli artt. 10-bis, 10-ter e 10-quater, primo comma, D.Lgs. 74/2000, per coloro che abbiano estinto il debito tributario, anche dopo aver avuto l’effettiva conoscenza di una indagine fiscale nei loro confronti (differenziandosi – come visto – dalla causa speciale di non punibilità esclusivamente per il termine entro il quale deve essere estinto il debito tributario, ossia la dichiarazione di apertura del dibattimento). In tal modo, sarebbe possibile dare una lettura costituzionalmente orientata della disposizione e superare la problematica appena rappresentata

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